Giacimenti importanti si trovano nella Repubblica Ceca, in Gran Bretagna, nel Kosovo, in Austria e specialmente negli Stati Uniti, nel distretto minerario dei tre Stati (Missouri, Oklahoma, Kansas), il cui centro più famoso è Ioplin. In Italia giacimenti importanti si rinvengono nelle Prealpi Lombarde e in Sardegna. Noti in tutto il mondo sono i bellissimi cristalli di galena rinvenuti in Ioplin. Il più grande, però, proviene dall’isola di Mari, nel mare d’Irlanda: pesa 118 kg ed è un cubo di 25 cm di lato.
Nel 1874 Ferdinand Braun (professore di fisica a Marburg in Germania) scoprì che la conducibilità elettrica di alcuni minerali a base di solfuri, tra i quali la galena, dipendeva dalla polarità della differenza di potenziale applicata e che i poteri rettificanti erano ancora più evidenti se il contatto con gli stessi solfuri veniva effettuato con un sottile filo metallico, avente forma appuntita e leggermante pressato sul minerale. Questo sottile filo metallico, molto elastico, richiamava il baffo del gatto. Perciò questo tipo di semiconduttore, il primo diodo della storia, è noto con l’appellativo a "baffo di gatto". Successivamente si sperimentarono altri minerali, tra i quali la pirite (disolfuro di ferro, FeS2), la sfalerite (solfuro di zinco, ZnS), la zincite (ossido di zinco, ZnO), la bornite (solfuro di rame e ferro, Cu5FeS4), la calcopirite (altro solfuro di rame e ferro, CuFeS2), ma anche il silicio (Si), assai abbondante in natura, nonché il carburo di silicio (SiC), chiamato anche carborundum, un minerale rarissimo in natura noto come moissanite e, perciò, prodotto sinteticamente, legando tra loro atomi di silicio e di carbonio.
A seguito delle prodigiose potenzialità della radiotelegrafia, genialmente intuite e dimostrate da Marconi il 12 dicembre 1901 con il collegamento transatantico Poldhu-San Giovanni di Terranova, le ricerche su questi tipi di semiconduttori s’intensificarono notevolmente tra gli anni 1901 e 1906, perché gli scienziati compresero la possibilità di utilizzarli nelle stazioni riceventi. La ricerca fu febbrile a tal punto da portare, quasi contemporaneamente, anche all’invenzione delle valvole termoioniche. Infatti nel 1904 l’inglese John Ambrose Fleming inventava il diodo e nel 1906 l’americano Lee De Forest metteva a punto il triodo; poi, poco più tardi, verrano il tetrodo, il pentodo, l’esodo e tanti altri tipi.
L’idea di escogitare, utilizzando i minerali analizzati, un nuovo detector delle onde elettromagnetiche, diverso dal coherer e dal detector magnetico, apparve subito realizzabile, anche senza l’impiego di alcun generatore di tensione, ma sfruttando soltanto la differenza di potenziale suscitata nell’antenna dalle onde elettromagnetiche captate, per le seguenti motivazioni.
Innanzitutto, per molti dei minerali elencati, la tensione di soglia, cioè il valore della tensione superata la quale il diodo comincia condurre la corrente, ha un valore molto basso: solo pochissimi decimi di volt.
Quando, poi, la corrente oscillante, ad altissima frequenza, attraversa il diodo (ad esempio il cristallo di galena), essa viene rettificata, nel senso che non passa tutto lo spettro del segnale, ma soltanto la parte di esso che corrisponde ai valori positivi; le semionde positive che riescono a passare si susseguono così rapidamente da fondersi in unica ondulazione: perciò la membrana del telefono riceve una serie d’impulsi, la cui frequenza non è quella delle onde captate dall’antenna, ma quella corrispondente all’ondulazione, causata dalla rettificazione; quest’ultima frequenza ha un valore più basso, molto vicino a quella acustica, e quindi in grado di essere percepita dal nostro orecchio.
Se la corrente oscillante non fosse rettificata dal diodo, la membrana del telefono riceverebbe milioni e milioni d’impulsi al secondo, e, data la sua inerzia, non potrebbe seguirli, non riuscendo a produrre alcuna vibrazione e, quindi, alcun suono percepibile dal nostro orecchio.
In definitiva la funzione del diodo è quella di eliminare le semionde negative dal segnale modulato di radiofrequenza (segnale RF), riproducendo un inviluppo fedele della modulazione, ossia il segnale a bassa frequenza (segnale BF).
Interruttori artigianali |
Ovviamente tutte queste operazioni dovrebbero essere compiute dal semiconduttore in maniera perfetta, senza perdite di potenza; ma il diodo ideale non esiste, in quanto esso dovrebbe avere i seguenti requisiti:
- resistenza diretta nulla, per lasciar passare tutte le semionde positive;
- resistenza inversa infinita, per impedire completamente il passaggio delle semionde negative;
- valore della tensione di soglia nullo, per individuare perfettamente la parte del segnale da tagliare;
- capacità parassita nulla, per evitare di trasmettere in modo capacitivo il segnale RF;
- induttanza associata nulla, per conservare perfettamente la sensibilità alle alte frequenze.
Condensatori variabili |
Furono così realizzati i primi rivelatori a cristallo del tipo a baffo di gatto (cat’s whisker detector), dei quali il più noto è quello che utilizzava il cristallo di galena, anche perché apparve subito essere il più idoneo, per il basso valore della tensione di soglia (0,1 V). Con questi detector fu possibile, in un primo momento, captare solo i segnali telegrafici, ma più tardi furono ricevute ugualmente bene anche le trasmissioni radiofoniche.
Intanto Greenlead Whittier Pikard, il 30 agosto 1906, richiese il brevetto per un crystal detector al silicio, ottenenendone la registrazione il 20 novembre dello stesso anno. Iniziava così la storia del silicio, che tanta importanza avrebbe avuto nel successivo sviluppo dei diodi, anche dal punto di vista economico, dato che il silicio è presente in grande quantità in natura. Purtroppo questo tipo di diodo non è adatto ad essere utilizzato nei ricevitori a cristallo, per l’alto valore della tensione di soglia: circa 0,6 V a differenza di quello della galena, che, come già detto, è di circa 0,1 V. Fa eccezione il moderno diodo "a barriera" Schottky, la cui tensione di soglia è di appena 0,3 V.
Comunque il principe dei detector per le radio a cristallo è il diodo al germanio, realizzato negli anni ’50, che vanta valori della tensione di soglia molto piccoli fino a 0,05 V, basso valore della resistenza diretta e bassissimo valore della capacità parassita.
Più tardi lo stesso Pikard inventava un nuovo tipo di detector, denominato Perikon (acronimo di Perfect Pickard Contact), realizzato mettendo a contatto due minerali differenti, tenendoli in pressione l’uno contro l’altro mediante una molla o altro meccanismo regolabile, in modo da poter variare la posizione reciproca dei due minerali al fine di realizzare il contatto perfetto. Le coppie di minerali più impiegate erano quelle formate da zincite e pirite, da zincite e bornite e anche da molibdenite e calcopirite.
Quando iniziò l’impiego di questi detector ci si accorse che le proprietà rettificatrici non erano le stesse per tutti i punti della superfice dei minerali impiegati, bensì, occorreva procedere per tentativi, al fine di individuare, sulla superfice, il punto di contatto perfetto; inoltre, anche dopo averlo individuato, con il passare del tempo, il diodo non conduceva più e il segnale spariva. Questo costringeva l’operatore a ricercare un diverso punto di contatto sensibile tra il minerale e la punta del filo a baffo di gatto o tra i due minerali del perikon. Buoni risultati si ebbero con il detector a carborundum, impiegato in moltissimi apparati riceventi, anche dallo stesso Marconi, che lo preferiva alla galena. Avendo, però, il carborundum un gomito (nella curva V-I) a potenziale non nullo, occorreva polarizzarlo con una tensione di circa 1,5 V.
Come già detto, questi detector a cristallo non richiedono per il loro funzionamento alcuna alimentazione elettrica; ad essi basta la piccola differenza di potenziale che si desta nell’antenna a seguito della captazione delle onde elettromagnetiche. Da qui la necessità di impiegare un’antenna molto efficace in modo da convogliare nel detector una buona dose di energia, tenuto conto anche della caduta di tensione dovuta alla tensione di soglia: una buona antenna dev’essere costituita da un filo orizzontale disteso a 10 metri dal suolo e della lunghezza minima di 10 m. Anche la presa di terra dev’essere molto efficiente per consentire una buona circolazione della corrente oscillante. Non è possibile l’ascolto con altoparlante, essendo modeste le correnti in gioco, ma solo con una cuffia ad alta impedenza (2.000-4.000 V), in maniera da produrre con la debole corrente una caduta di tensione significativa ai capi della cuffia stessa. Rispondono abbastanza bene anche gli auricolari a cristallo del tipo piezoelettrico. Se si vuole l’ascolto con altoparlante, occorre un’amplificazione del segnale di uscita. Non è consigliabile l’impiego di un trasformatore normale, il quale, com’è noto, è costruito per funzionare con la frequenza di rete (50 Hz), ben diversa dalla frequenza acustica.
Tutti i semiconduttori fin qui menzionati sono noti anche come diodi allo stato solido, nel senso che essi sono costituiti da materiali specifici e non da parti meccaniche, oppure da elettrodi sospesi nel vuoto d’aria, come accade per le valvole termoioniche.
Cristallo di pirite |
A questo punto non si può non ricordare un grande fisico, biologo e scrittore di fantascienza, di nazionalità indiana: Jagadish Chandra Bose (1858-1937). Dal 1894 al 1900 Bose riuscì a produrre onde elettromagnetiche di lunghezza 2-5 mm, ne studiò la propagazione, nonché la riflessione, la diffrazione e la polarizzazione; utilizzò anche la galena per costruire un diodo primitivo, che utilizzò per captare le onde; costruì rivelatori per i raggi infrarossi e ultravioletti, predicendo che, in un non lontano futuro, sarebbe stato possibile convertire l’energia solare in elettricità. Nevill Francis Mott, premio Nobel per la fisica 1977, scrisse che Bose era in anticipo di 60 anni rispetto al suo tempo e di fatto realizzò i primi semiconduttori allo stato solido, come riconobbe anche il fisico Walter Brattain, uno degli inventori del transistor.
Bobina di accordo |
Con l’avvento dei detector a cristallo si può dire che inizia l’era dell’elettronica, consacrata dalla quasi contemporaneità dell’invenzione delle valvole termoioniche, agli inizi del Novecento. Esse apparvero subito in grado di risolvere tutti i problemi connessi con la radiotelegrafia e la radiotelefonia. Infatti, con i nuovi dispositivi, si potevano generare le onde elettromagnetiche, captarle, anche se di debole intensità, amplificare i loro segnali, rettificarli, proprio come i semiconduttori allo stato solido, effettuare la modulazione di ampiezza e di frequenza.
Intorno al 1915 cominciarono a comparire anche le prime radio a valvole, ma il loro costo di quasi 2.000 dollari le relegò nel mondo dei ricchi, lasciando ai poveri le radio a detector di cristallo: la più famosa quella a galena, tutt’ora conosciuta come la radio dei poveri, per il suo basso costo e la faciltà di costruzione. Molte ditte misero in vendita, a bassissimo costo, dei kit pronti per il montaggio, da eseguirsi direttamente dal compratore. In genere con questi kit era possibile ascoltare una sola stazione radiofonica, la principale, ma i più esperti non mancarono di realizzare, personalmente, radio a galena molto sofisticate, e delle forme più fantasiose, in grado di captare più stazioni. Addirittura i più stravaganti realizzarono un detector costituito da una lametta da barba arrugginita: spostando su di essa la punta di grafite di una matita, si riusciva a ottenere la rettificazine dei segnali, proprio come con la galena.
Il fascino della galena ha resistito e resiste fortemente, al punto che, anche oggi, è possibile facilmente acquistare le radio a galena o kit per la sua facile auto-realizzazione.
Nonostante la comparsa delle valvole termoioniche e il loro dominio assoluto per quasi 40 anni, gli studiosi continuarono alacremente le ricerche sui semiconduttori, orientandosi, pricipalmente, verso il silicio, elemento abbondante in natura, ed anche verso il germanio, arrivando a scoperte basilari, quali i semiconduttori drogati tipo p e tipo n, le giunzioni p-n, le giunzioni p-n-p e n-p-n, il transistor (inventato nel 1947 dai fisici Walter Brattein, John Bardeen e Wiliam Shokley presso i Bell Labs) e infine il microprocessore, la cui costruzione fu resa possibile dall’avvento della MOS Silicon Gate Technology, sviluppata dall’italiano Federico Faggin alla Fairchild nel 1968. Ormai si è entrati nel mondo della microelettronica, la cui nascita e sviluppo sono stati favoriti anche alle grandi scoperte della fisica nucleare.
Intorno agli anni ’50 cominciò così il tramonto delle valvole termoioniche, che man mano andarono dissolvendosi con l’affermazione dei nuovi dispositivi derivati dai detector a cristallo.
La stazione ricevente a galena è stata riprodotta nelle sue linee essenziali, seguendo lo schema di un circuito molto semplice, che in genere viene denominato "ingenuo". L’apparato, concepito per la ricezione dei segnali telegrafici, è stato utilizzato anche per captare bene il primo canale Rai ed altre due stazioni radiofoniche. Il detector utilizzato è il cristallo di galena, che può essere sostituito da un cristallo di pirite, che era appunto quello utilizzato quando sono state scattate le foto.
Il circuito risonante è formato da un’induttanza (L), realizzata con una bobina divisa in cinque sezioni, ognuna costruita con filo di diverso colore, e da una capacità (C), costituita, a sua volta, da due condensatori variabili, disposti in parallelo. Ai capi di questo circuito è collegata la serie costituita dal detector a cristallo e dalla cuffia.
Il circuito L-C ha un’estremità collegata all’antenna aerea e l’altra alla presa di terra. La coppia di morsetti rossi al centro della fiancata destra è utilizzata per il collegamento all’aereo, mentre l’altra coppia di morsetti rossi, al centro della fiancata sinistra, è utilizzata per il collegamento alla terra. I morsetti di ciascuna coppia sono collegati tra loro e quindi realizzano un collegamento nello stesso punto del circuito. Sono due perché alcune volte riesce comodo avere sull’aereo e sulla terra un altro morsetto disponibile per poter inserire facilmente altri dispositivi di accordo. Al centro della fiancata frontale sono posizionati due morsetti, uno di colore rosso, l’altro di colore nero, i quali servono per l’inserzione della cuffia.
L’induttanza (L) è un’unica bobina, avvolta su un cilindro di legno di rovere avente il diametro di 49 mm e frazionata in cinque sezioni, facilmente riconoscibili dal colore del filo di ciascuna di esse. Ognuna delle sezioni è costituita da 50 spire di filo di rame del diametro di 0,3 mm ed ha una lunghezza di 44 mm. L’inserzione e la disinserzione progressiva delle sezioni della bobina avviene mediante i cinque interruttori del tipo artigianale, disposti sul fianco destro. Questo tipo d’interruttore è stato già ampiamente descritto a proposito della stazione ricevente a coherer. La capacità (C) è disposta sul fianco sinistro ed è realizzata con due condensatori variabili, ciascuno della capacità di 450 pF, collegati tra loro in parallelo.
Il detector a cristallo è collocato, in primo piano, al centro della base, su una torretta realizzata con aste filettate di ottone e basi di legno di forma ottagonale. Il cristallo delle foto è di pirite e il contatto con esso è del tipo a baffo di gatto, più precisamente è effettuato con la punta di un filo di acciaio avvolto a spirale, come una molla cilindrica, per esercitare una leggera pressione sul minerale. Il cristallino di pirite è facilmente sostituibile con il cristallino di galena. Con entrambi i minerali il funzionamento è stato regolare.
E’ quasi superfluo ricordare che per l’ascolto occorre una cuffia ad alta impedenza (2.000-4.000 ohm), in quanto l’apparato non ha alimentazione esterna e quindi è azionato dall’energia delle onde, cioè da corrente debole, la quale, per causare una caduta di tensione significativa ai capi della cuffia, deve attraversare un’impedenza di alto valore. Ecco perché necessita una buona antenna aerea: più è lunga e più è alta dal suolo, migliore è. Così anche la presa di terra deve essere efficiente, per permettere alla corrente determinata dalle onde di circolare facilmente.
Inserendo opportunamente le sezioni della bobina e variando opportunamente le capacità dei due condensatori variabili, si riesce a stabilire un buon accordo con tre stazioni radiofoniche, specialmente di notte, ed anche con la riprodotta stazione radiotelegrafica di Poldhu, già ampiamente descritta.
Nessun commento:
Posta un commento